Lettera aperta
Gentile Signor Rossi,
La dottoressa Mimma Pompucci, psicologa e insegnante, è stata, a suo tempo, tra le ultime a commentare, con argute riflessioni a freddo, il fenomeno di cui era stata partecipe al Modena Park. L’articolo pubblicato suun giornale abruzzese è stato girato al suo indirizzo, ma probabilmente si è disperso tra i tanti e non è arrivato alla Sua attenzione. Peccato perché il “pezzo” la meritava. Per originalità e profondità di pensiero, risulta tra i più intellettualmente validi. Una risposta ricca di contenuti” anche alle elucubrazioni lanciate a briglia sciolta sui Social che Lei ha giutamente definito da “mentecatti”.
Rispetto alla partecipazione dei 200mila all’evento ha infatti individuato il denominatore comune nella forza della Sua poesia per la quale ha rintracciato la corrispondenza dei sentimenti espressi nei testi con quella dei “fruitori”, ma “pascolianamente” ne ha affermato la pura spontaneità.
La formazione professionale ( o forse deformazione?) l’hanno portata a “diagnosticare” una sindrome da “Volontà Generale come “assunto implicito”, erchè
ha avuto la sensazione che ciascuno fosse stato parte indivisibile del tutto. Ricordando Edgard Schein ha affermato che “il Concerto di Vasco Rossi è stato il prodotto di una “cultura organizzativa”, che deriva dalla concatenazione di concetti espressi nei testi poetici e attraverso la musica, in un arco temporale molto ampio, per affrontare di volta in volta i problemi della vita”.
Oggi la Pompucci appare perplessa di fronte ai “commenti” seguiti alle interviste da Lei rilasciate e dalle “interpretazioni” che alcuni organi di stampa specializzati hanno dato alle Sue affermazioni. A mio parere, Signor Rossi, la Pompucci, vuole contribuire con una personale “interpretazione” alla Sua ricerca di senso, ponendosi in una posizione critica analoga (non appaia un’esagerazione) a quella di Platone rispetto a Socrate o di Fichte rispetto a Kant, come voleva Friederich Schlegel *.
Ovviamente la Pompucci usa la Sua produzione poetica in luogo della filosofica socratica o kantiana e per completare i riferimenti ai grandi del passato pesca nell’incantevole mondo del “Fanciullino” pascoliano, e per questo, in qualche passaggio, l’autrice si lascia trasportare in una lettura “un po’ di parte”, e attacca la critica che ritiene superficiale. Un cedimento a cui i filosofi, e soprattutto gli psicologi come l’autrice , non dovrebbero cadere, ma ci può stare per una “fan” che antepone al suo retroterra culturale il fascino della poesia, e vuole confermare che la Sua, Signor Rossi, ha il sapore di un’antica autenticità.
Credo proprio, ripeto, che meriti la Sua attenzione
Pierluigi Palmieri
Presidente Credici Cordinamenti per i Diritti Civili