Il saluto di Raniero a Gianni:

“l’amicizia era la sua vera patria”

Alla morte di Fabrizio Ravagloli, filosofo e pedagogista di chiara fama, professore universitario emerito, su questo sito web pubblicammo l’omelia laica pronunciata in chiesa da Raniero Regni, suo allievo e successore designato e presidente del Comitato Scientifico di CREDICI. Quella fu una magistrale descrizione della figura del suo maestro, improntata comunque al rispetto della doverosa distanza. Oggi le parole scritte da Raniero per il suo fraterno amico Gianni,Piccotti (1955-2020) sulla sua generosità, il suo spessore culturale e la sua forza empatica , ci dimostrano che, che al di fuori delle aule universitarie, ha avuto, a fianco per una vita un altro Maestro che ha lasciato segni indelebili con la potenza della sua amicizia.

(Pierluigi Palmieri)

Ho scritto qualche parola per salutare Gianni, non che lui abbia bisogno delle mie parole, né perché non ce le siamo dette durante la vita, ma perché sento il bisogno di continuare una conversazione. Gianni, era uno dei miei migliori amici, sicuramente il più antico. Lui diceva sempre quando lo presentavo a qualcuno: “siamo andati a scuola insieme, dalla materna all’università”. Il mio compagno di banco nei lunghi, brevi, decisivi anni della nostra infanzia, adolescenza e giovinezza. Un amico con cui ho vissuto il tempo bellissimo e angoscioso, come è giusto che siano gli anni di formazione. Impossibile ricordare tutto quello che abbiamo vissuto assieme, una vita intera. Gianni è stato un testimone della mia esistenza e andandosene si è portato via una gran parte di me. Chi era Gianni? Gianni era l’intelligenza. Gianni, come si dice, era una vera testa. Era il bambino e poi il giovane studente, il più brillante della classe di liceo. Era intelligente, creativo, originale, e avrebbe potuto intraprendere qualsiasi carriera intellettuale. Studiare e poi conversare con lui era ed è sempre stato stimolante. E questo fino alla fine. Gianni era curioso, informato. Sceglieva le notizie dall’attualità e te le comunicava meglio di un’agenzia giornalistica. Quasi ogni giorno arrivava la sua telefonata e si parlava di tutto, in maniera selettiva mai banale. Gianni era intelligente e coltissimo. E come tutte le persone veramente intelligenti che hanno capito davvero come va il mondo, era generoso. La generosità era il contrassegno sicuro della sua intelligenza, perché chi è generoso ha capito molte cose della vita. Nonostante le sue limitate risorse economiche, i suoi regali erano sempre i primi e si vedeva la gioia e il piacere che provava nel fare dei doni. E questi erano ovviamente dei libri, per tutti. Per me e per tutta la mia famiglia e per tutti gli altri amici. Comperati con largo anticipo e scelti con cura. Gianni era generoso, sensibile ed empatico fino all’eccesso. Le pene degli altri erano le sue pene. Le preoccupazioni degli altri le sue preoccupazioni. Pur non avendo avuto una vita facile, o forse proprio perché non aveva avuto una vita facile, si metteva fin toppo nei panni delle altre persone. E questo era per me un insegnamento quotidiano. Gianni cercava la saggezza nella cultura, quella dimensione del dare senso all’esistenza allo scopo di vivere una vita degna di essere vissuta. E’ stato lo specchio e il doppio con cui confrontarmi costantemente in tutti i lunghi anni della nostra frequentazione. Mi ha insegnato la necessità di prendersi cura sempre di più della propria anima per diventare una persona migliore. Gianni era la cultura. La lettura. I libri, che tappezzavano letteralmente la sua casa, che ricoprivano ogni mobile. I libri erano tra i suoi amici più fidati. Lettore instancabile, come uno scalatore degli ottomila, è stato uno dei pochi tra di noi ad aver letto tutto Proust, tutto Dostoevskij e tutto Vasilij Grossman, e le altre vette della letteratura mondiale. Gianni aveva letto, conosceva e citava i classici, quei classici che come è stato detto sono quei libri che tutti avrebbero voluto leggere e che nessuno legge. Lui li aveva letti davvero. E con essi alimentava anche la sua grande passione politica. Gianni era l’amicizia. I tanti amici qui presenti lo testimoniano. Credeva nell’amicizia. L’amicizia era la sua vera patria. L’abitava con impegno e intransigenza. Comprendeva e aiutava gli amici ma era intransigente e guai a deluderlo su questo che per lui era il massimo valore (secondo solo forse alla fede calcistica interista e a quella per il Gubbio!). Gianni era la solitudine. Una solitudine molto affollata di amici ma solitudine. Gianni ha vissuto sia la solitudine buona che la solitudine cattiva. La solitudine della meditazione e la solitudine dell’isolamento. Vissuto quest’ultimo con orgoglio, mai fatto pesare agli altri, ma sofferto in silenzio e dignità. Gianni era la memoria. Ricordava tutto, ogni dettaglio della nostra vita assieme. Adesso non potrò più chiedergli niente sulla mia vita passata, la mia, non la sua, che lui ricordava meglio di me. Ricordi nitidi anche se lontanissimi di cui io non avevo taccia nella mia testa riaffioravano grazie alla sua formidabile memoria. L’ultima volta che ho visto Gianni vivo, la scorsa settimana, ci stavamo preoccupando di preparargli una casa ripulita e pronta ad accoglierlo quando sarebbe ritornato dalla casa di sua sorella Anna, la persona più cara e il punto fermo della sua vitae non ci siamo accorti, non abbiamo pensato, che qualcun altro aveva altri progetti, che forse gli angeli gli stavano preparando una casa ben diversa. Ciao Gianni, mi mancherai, ci mancherai. Mi mancheranno le nostre chiacchierate, i nostri incontri, la tua intelligenza e la tua sensibilità. Vivo sempre più l’esperienza del deserto di chi sopravvive. La morte degli amici ci rende più povero il nostro presente. L’unica speranza è quella con cui si conclude il capolavoro del tuo Dostoevskij quando Alioscia Karamazov risponde al bambino che partecipa al funerale di un loro piccolo amico, una risposta su cui lo scrittore russo si dice che abbia meditato per molti mesi: “ma ci rivedremo un giorno?”, “sì ci rivedremo!”. Caro Gianni, ci rivedremo un giorno, dopo che tutti noi avremo attraversato il cono d’ombra della morte. Ci ritroveremo insieme nella luce.

di Raniero Regni

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