La “maestra/madre” bombardata dalla didattica a distanza

di Domenica Pompucci

Testimonianza dal “campo di battaglia” con  intervista al prof. Palmieri

La “maestra/madre” bombardata dalla didattica a distanza,

lancia siluri di vicinanza dalla sua “pluriclasse di casa” 

di Domenica Pompucci

 Ho deciso anch’io di offrire un contributo al Laboratorio Civiltà, con cui devo confessare ho un debito di riconoscenza perché da quando ho avuto il piacere e l’onore di entrare a farne parte, mi sono limitata “egoisticamente” ad usufruire di quelli, autorevoli e pregnanti degli altri membri .     

In questo momento buio voglio condividere l’esperienza che sto vivendo da insegnante e da madre di tre bambine, dopo essere stata presa, come tanti, dalla paura e dall’ansia. Premetto che ho tratto un gradevole beneficio dalla lettura dei numerosi articoli, saggi e comunicazioni prodotti da Civiltà Italiana. Mi hanno molto arricchito culturalmente e politicamente. Lascio allora   fluire liberamente il pensiero ben sapendo che non è facile controllare i tanto impulsi emotivi legato alla calamità del Covid19 che ci ha trovato molto più impreparati rispetto agli altri ben noti disastri del passato anche recente. La straordinaria forza del virus ha spinto i governanti a limitare la libertà dei cittadini, il che ha prodotto una reazione a catena. Le restrizioni si sono estese ai gruppi organizzati, alle comunità e perfino alle imprese. Una vera e propria paralisi, che, come ha ben evidenziato il dott. Travaglini, procurerà riflessi pesantissimi sull’economia, non solo nazionale e, soprattutto nelle famiglie, ha spezzato drasticamente tanti legami, anche tra i più teneri, in primis quello tra i nonni e i nipoti.   Sono d’accordo, solo in senso metaforico, con chi sostiene che stiamo vivendo uno sorta di stato di guerra, perché questa volta il nemico è invisibile.  Ognuno di noi potrebbe portare con sé l’arma biologica, con l’aggravante di non poterla controllare. L’unico rimedio sta nell’isolamento, che rappresenta il peggior castigo per quell’aristotelico “animale sociale” che è l’uomo, il quale è costretto  a metterlo  in campo per respingere il virus invisibile e vigliacco.  Il pensiero preoccupato va a quanti soffrono di disturbi psichici, ai depressi e a tutti quelli che, per svariati motivi, vivono in solitudine, ma soprattutto a coloro che non possono accompagnare le persone care nel loro ultimo viaggio, almeno con uno sguardo, come di norma avviene per i caduti in trincea tra commilitoni. Questi nel momento tragico che amplifica l’ansia, avrebbero bisogno di vicinanza e di affetto.  In tanti, in queste settimane, hanno trovato nei social la loro ancora di salvezza. Il contatto è solo virtuale, ma l’illusione della relazione ha una sua efficacia, anche perché si unisce ad un minimo di sana allegria trasmessa dalla infinità di messaggi ironici e autoironici,  nati dalla proverbiale fantasia degli  italiani. Dall’altra parte, la messaggistica on line (scritta, orale e in video)ha assunto un ruolo centrale nel surrogare i contatti fisici tra famigliari e tra amici.

In questo contesto si va ad inserire il problema della didattica a distanza che il Prof. Palmieri ha affrontato con tempestività nella sua lettera aperta al ministro Azzolina intitolata emblematicamente Il virus che inquina anche la didattica, dove contesta lo slogan con cui ha concluso il suo primo messaggio ad alunni famiglie ed insegnanti: “la distanza avvicina”. Non posso che condividere l’analisi del pedagogista, nostro coordinatore, quando afferma che la distanza comporta forti rischi di discriminazione, sia tra alunni che hanno un diverso grado di preparazione, sia tra quelli appartenenti a differenti categorie sociali ed economiche, ancora di più quando l’avventurosa introduzione di una tecnologia per la didattica trova impreparata la quasi totalità dei docenti, come emittenti, e delle famiglie, come recettori. Intanto alcune mamme molto solerti si sono affrettate, purtroppo, a tempestare di telefonate e di  SMS  gli insegnanti e  gli altri genitori per proporre attività improvvisate nel goffo tentativo di mettere in evidenza il loro “bagaglio” pedagogico e tecnologico nella speranza di far primeggiare i propri figli e non esitando a mortificare gli altri alunni, proponendo attività per lo più impraticabili e comunque inutili. 

 Come sempre dovrebbe regnare sovrano il buon senso e questo avrebbe dovuto suggerire di derogare ai famigerati duecento giorni di lezione prescritti per la validità dell’anno scolastico, in tempi normali, dalla legge, e sospendere, come aveva proposto sin da subito P.Palmieri, le attività a distanza per i più piccoli (per i quali sono previsti programmi e metodi destinati ad una prevalente  relazione  con la presenza fisica dei protagonisti). Ci si è preoccupati di “non interrompere” il servizio scolastico, riversando sulle spalle dei docenti la responsabilità di usare  tecniche che non padroneggiano e di usare una modalità di insegnamento alla quale per la maggior parte non sono avvezzi. E’ molto alto il rischio di una caduta di credibilità nei confronti degli alunni, ai quali non giova affatto la discontinuità di metodo. Come non giova far fare i salti mortali a quelli, tra gli insegnanti, che in qualche modo se la cavano con l’uso della tecnologia. Questi  oltre ad accompagnare i propri alunni attraverso la distribuzione di materiali on line e video-lezioni, si presume debbano occuparsi anche dei loro figli, magari piccoli e di diverse età, costretti a casa per la chiusura delle scuole.  Questi figli oltre ai loro genitori impegnano i loro insegnanti che in gran parte sono a loro volta genitori. Sia per gli insegnanti che per i genitori, il risultato inevitabile di questo circolo vizioso è uno stato ansioso  che non può che “contagiare” anche gli alunni. Molti studenti delle superiori, che pure  avrebbero dovuto assorbire meglio l’innovazione, hanno ben presto manifestato segni di insofferenza e contestato “la mancanza di umanità” nel rapporto con i loro professori (cit. da Orizzonti Scuola Testimonianze 1 aprile 2020) . Per i più piccoli invece, nella Lettera aperta al Ministro, pubblicata da Civiltà Italiana e da Credici e ripreso anche dai siti specializzati (La tecnica della scuola e Orizzonti scuola ) Palmieri ha lanciato l’idea di trasformare il blocco per l’emergenza Covid19, in un’occasione per rafforzare i rapporto genitori/ figli tramite la didattica familiare in presenza proprio come si fa durante le vacanze.  Ha quindi individuato l’antidoto al rischio di ansia da prestazione “tecnologica” (effetto collaterale del Covid19) che non sta risparmiando nessuno, neanche i più “bravi”.

A proposito di ansia voglio esternare la mia personale propensione a mettere in relazione la clausura impostaci dal virus in questi giorni con le situazioni vissute dai protagonisti delle favole e dei cartoni animati più conosciuti. Ricorrono nella mia mente personaggi come Rapunzel (la principessa rapita e costretta a vivere da una strega in una torre), Biancaneve (la ragazza costretta in casa per sfuggire alla matrigna). Ma soprattutto mi balenano nella mente le immagini provocate dalla lettura del  “Diario di Anne Frank”, dove l’autrice, da reclusa ancora tredicenne, pur consapevole del grandissimo rischio che correva,  scrive le parole esemplari che  hanno scosso il mondo intero. Anne afferma che   la vera libertà è quella interiore. Ecco uno dei suoi pensieri più belli che ci aiutano a riflettere in questo momento: “È davvero meraviglioso che io non abbia lasciato perdere tutti i miei ideali perché sembrano assurdi e impossibili da realizzare. Eppure me li tengo stretti perché, malgrado tutto, credo ancora che la gente sia veramente buona di cuore. Semplicemente non posso fondare le mie speranze sulla confusione, sulla miseria e sulla morte. Vedo il mondo che si trasforma gradualmente in una terra inospitale; sento avvicinarsi il tuono che distruggerà anche noi; posso percepire le sofferenze di milioni di persone; ma se guardo il cielo lassù, penso che tutto tornerà al suo posto, che anche questa crudeltà avrà fine e che ritorneranno la pace e la tranquillità”.

 Oggi che contro l’uomo non si scatena la crudeltà di altri uomini ma quella del virus, l’intera umanità, a prescindere dalle convinzioni religiose di ciascuno, deve far suo il messaggio di fede della piccola ebrea “Seguace della Speranza”: “tutto tornerà al suo posto”.

Dobbiamo augurarci che anche nel mondo della scuola tutto torni al suo posto prima possibile. Come insegnante/madre, sono pienamente immersa nelle problematica della didattica a distanza (DAD) e porto qui le testimonianze relative ad entrambi i ruoli.

Inizio dal “versante” insegnante. Tutte le mie colleghe hanno manifestato forti perplessità sulla praticabilità del nuovo percorso tecnologico nella scuola dell’infanzia e nella primaria.  Premetto che nel mio istituto non è stato ancora adottato il registro elettronico, considerato dalle indicazioni ministeriali come punto di partenza per allargarne il campo di applicazione alla DAD e tenere attiva la “relazione” con gli alunni. Il ricorso alle dotazioni personali di smartphone e dei PC di casa, per molte di noi limitate, ben presto si sono rivelate inadeguate a rispondere all’auspicata surroga del lavoro in presenza. I contatti con alunni e le famiglie sono stati improntati alla cordialità, ma l’efficacia in termini didattici è risultata minima . Molti genitori hanno chiesto di rinviare il “tentativo”. Per le insegnanti di sostegno le relazioni con gli alunni ed i genitori, come è facile immaginare, sono ancora più complesse.

Sull’altro versante il “lavoro” di madre ovviamente diventa più complicato. L’età delle mie tre bambine “pretenderebbe ” per  ciascuna una didattica diversa, come normalmente avviene nelle classi delle loro rispettive scuole. Nella mia casa/ scuola la programmazione “speciale” a cui inizialmente ho pensato  di ricorrere avrebbe voluto far ricorso ad  un “tempo pieno/ prolungato”, al  pre-scuola, al accoglienza e alle  attività didattiche vere e proprie . All’atto pratico  mi  sono ritrovata  a gestire  una inedita pluriclasse che raggruppa  alunne  di tre realtà distinte( infanzia + primaria + media) a cui si sono  aggregati con frequenza pressoché quotidiana, due alunne/cuginette della secondaria (terza media e terzo liceo) che vivono nell’appartamento attiguo al mio. In non più di quarantott’ore, i buoni propositi dell’insegnante/madre sono clamorosamente naufragati nel caos più impensabile. Contese per la conquista del posto preferito al grido “del no questo è mio, spostati vai via, dammelo, ridammelo!!” con tanto di lanci di oggetti e sbattimento di porte accompagnati da inedite mosse di arti marziali e relative gridi  di battaglia. Disperata, ho deciso di interpellare proprio il già citato prof. Palmieri , del cui ostracismo alla didattica a distanza ho  già riferito più sopra.  Ne è scaturita una sorta di intervista “ a tappe” distribuite in diversi giorni a causa  della la mia “full immertion” e della relativa indisponibilità delle linee e della sua ben nota pluralità di impegni.  La sua lettura della situazione è stata tranciante: ”Non ci sono precedenti per una situazione del genere, né tantomeno puoi illuderti  di attuare la DAD per classi  “verticali” rispettando la programmazione delle rispettive classi delle tue figlie/alunne” “ il denominatore comune” ha proseguito “ sta solo nel collaborare  con te nelle faccende di casa e poi lascia ampi spazi al gioco, assegna i ruoli  adatti alla rispettiva età. Suggerisci di fare altrettanto ai genitori degli alunni della tua scuola (ognuno di loro  implora: “Aiutami a fare da solo”).  E ancora : “Le proposte della DAD in casa tua si elidono a vicenda, nonostante la disponibilità di telefoni cellulari e del PC. Neanche la regia internazionale di SKY riuscirebbe a coordinare tanti schermi attivi in contemporanea” e ha concluso:

  1. “nello stato di guerra che stiamo vivendo, l’unica regola rigida è quella della salvaguardia della salute.
  2. la vicinanza non si surroga con il bombardamento di proposte di “piattaforme”, che promettono di fare in poche ore il miracolo di abilitare alla didattica “on line” come fanno i pubblicitari dei prodotti miracolosi contro la caduta dei capelli.
  3.  compito primario di insegnanti e genitori è quello di evitare ansia da prestazione e di mantenere contatti telefonici con i bambini non vincolati alla didattica, alleggerendoli da compiti inefficaci.
  4. improvvisamente i soloni dell’istruzione   esaltano l’utilità degli smartphone e dimenticano i motivi per cui ne è stato vietato l’uso in classe. Il risultato non può essere che assuefazione allo strumento e la condanna a morte dell’insostituibile didattica frontale in presenza.

     Per me sono seguite giornate non meno convulse ma con un vistoso calo dell’ansia che mi aveva avvolto al primo impatto. Hanno funzionato sia le letture, i disegni, la musica sia le corsette in giardino e la cura dell’orto. Ancora più efficace è stata la collaborazione a turno nelle pratiche di cucina (di cui relaziono più in avanti) e soprattutto lo stare a tavola due volte al giorno tutti insieme con lo stesso gusto dei periodi di vacanza.  Ho avuto la prova che questi momenti di amplificazione della vita pratica vissuta in famiglia prima dell’emergenza hanno una valenza educativa che sovrasta ampiamente le pretese della “complessa semplificazione” della didattica a distanza, come la definisce Palmieri,. Questi ha stigmatizzato inoltre la seguente dichiarazione del Ministro Azzolina: “Siamo consapevoli dello sforzo che stanno facendo docenti e famiglie per proseguire le lezioni a distanza. Naturalmente uno degli aspetti più importanti riguarda la connessione. Il Ministero per l’Innovazione ha messo in campo un progetto di Solidarietà Digitale per offrire giga e altri servizi gratuiti a docenti, scuole, studenti e famiglie che sono più in difficoltà.

 Questo il commento di Palmieri : “ E’solo un discorso di facciata per coprire la falsa partenza. Ci mancherebbe che la connessione se la debbano pagare le famiglie in difficoltà economiche e le insegnanti /madri, chiamate a  frequentare on line i miracolosi corsi accelerati che tutti gli editori in questo momento offrono gratuitamente a mo’ di carotina per poi vendere il pacchetto intero a caro prezzo.   Ci si dimentica poi che la giornata dura 24 ore!”.

    Da parte mia, concludo allora con un estratto delle attività “DIDATTICHE” svolte in queste settimane nella mia “pluriclasse di famiglia” estraendole dal quaderno “non elettronico” degli appunti che ho adottato unitamente all’immancabile ricettario delle nonne (che mancano tanto a tutte le bambine e anche a me ovviamente).

Esercitazioni scolastiche

-La  più piccola (scuola dell’infanzia) aiutata dalle sorelle e dalle  cugine, riesce a realizzare solo alcuni dei lavoretti proposti dalle sue insegnanti. Si mostra particolarmente  soddisfatta del “suo”  Albero Giovanni che mostra l’arrivo della Primavera.  

-Le altre quattro (primaria, prima media, terza media e terzo superiore),  alternandosi al PC, si limitano a scaricare in maniera “light” le indicazioni delle rispettive scuole. Ho potuto osservare, infatti, che in tutti i miei “studenti” prevale l’interesse per le modalità della fruizione degli strumenti telematici rispetto ai contenuti. 

 Con la didattica in vicinanza invece  è nata una forma spontanea  di collaborazione tra studenti  di… “tutti gli ordini di scuola” . Ne è scaturita una spontanea e speciale metodologia inclusiva  (questa volta sì per classi verticali), un tutoring  inedito che, anche se  molto parziale  in mancanza del “regista professionista” è la mia ancora di salvezza. Al mattino, insieme alla scelta dei vestiti, attività che occupa a lungo, soprattutto le piccole che in questo modo comunicano la loro voglia di uscire, di andare ad una festa e di incontrare al parco i loro amici…  Di  tornare vivere la vera essenza della vita. 

Esercitazione di “didattica della  vicinanza” in cucina.

Ho scelto  le pratiche di cucina che hanno impegnato tutte le alunne/figlie che compongono la mia “pluriclasse”. Tra le paste, le minestre, i risotti, le pizze, i dolci , i contorni preparati seguendo alternativamente le preferenze di ciascuna delle bambine, ho scelto la preparazione del  piatto più gettonato, perché evidenzia  emblematicamente il metodo seguito :

  • Gnocchi di patate, esercitazione didattica di Cucina

 La  preparazione del piatto, prevede un’attenta distribuzione delle consegne a ciascuna delle  alunne/figlie:

 Alessia: lavare e pelare, le patate, Valeria: rompere le uova, Tutte: impastare (Ema con il suo pugnetto di impasto, preparare  i rotolini, tagliare a misura,  versare gli gnocchi nella guantiera evitando il contatto tra loro, Alessia e Valeria metterli nella pentola con l’acqua, prelevarli con la schiumarola Tutte: impiattare e aggiungere formaggio.Tutte: MANGIARE.

Ecco alcune  simpatiche “chicche” nate dalla didattica in vicinanza:

  • La preparazione degli  gnocchi è stata ribattezzata “gnoccando s’impara”.
  • una sera ho utilizzato la strategia di comporre un piatto ricostruendo un volto di un mostriciattolo. Allora una delle mie figlie, Valeria ha detto: questo è il corona-virus così ce lo mangiamo e non c’è più-! (mi à balzata alla mente la frase di Alberto Sordi nel film “Un americano a Roma” –Maccaroni… m’hai provocato e io te distruggo! Maccaroni, io me te magno!
  • la piccola Emanuela poco dopo parlando con la nonna al telefono “nonna domani possiamo uscire veniamo da te, perché questa sera abbiamo mangiato il corona-virus! ”

E’ proprio vero allora che “il bambino è colui che gioca” e impara più velocemente perché si diverte”…

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