La stampa che non c’è

di Marcello Martelli

L’appello degli intellettuali


COME SALVARE IL GIORNALE QUANDO TUTTI SCRIVONO E POCHI LEGGONO
Sulle difficoltà della stampa locale, ho letto con attenzione l’appello sottoscritto da intellettuali, che nell’occasione hanno sottolineato la “emorragia che in tutta evidenza accentua il processo di impoverimento complessivo di Teramo e della sua Provincia”. Nel sottoscrivere l’importante analisi, vedo che mancano soprattutto concrete proposte conclusive su come dare soluzione a un grave problema. Una situazione chiaramente insoddisfacente. Dal 2007 i quotidiani perdono copie e la pubblicità è ai minimi storici. Realtà ancora peggiore, però, è la diminuzione dei lettori. Vuol dire che, nella crisi dell’editoria giornalistica, incide anche la “disaffezione” verso il giornale che troviamo ogni mattina in edicola. Proprio sul punto occorrono alcune attente riflessioni, chiedendoci cosa debba fare un giornale perchè i suoi acquirenti non interrompano la bella abitudine (determinante per la sopravvivenza) di passare in edicola per l’acquisto di una copia. Acquistare e leggere il giornale hanno duplice valore per la professione e, in particolare, per quella merce immateriale chiamata democrazia. “Leggere il giornale è la preghiera laica del mattino” pensava Wolfgang Goethe e non possiamo che condividere. Spendere ogni mattina in edicola l’equivalente di un caffè è niente, ma per un giornale è una iniezione quotidiana di sostegno e incoraggiamento. Tg, Internet, social? Benissimo. Ma non sono tutto e dobbiamo fare l’impossibile per recuperare i giovani, che sempre di più hanno un atteggiamento agnostico e di rifiuto verso il mondo della carta stampata. Tempo fa mi ha fatto impressione, passando davanti ad una scuola, vedere per terra un pacco di giornali neppure aperto, inutilmente destinato gratis a ragazzi e docenti. Direi che escono sicuramente sconfitte la cultura e la voglia d’informarsi. Noi per primi domandiamoci se tutto dipende dal nostro modo di fare giornalismo, forse spesso non in sintonia con i lettori e i giovani in particolare. Luigi XIV ripeteva di non leggere i giornali perché scrivevano ciò che diceva lui. Riflettiamo un po’ se anche oggi non si legge perché spesso nell’informazione si avverte troppo l’influenza del Palazzo. Altrimenti, non serviranno il ricambio generazionale, i finanziamenti e le nuove assunzioni. Urge ripartire dalla qualità del “prodotto-giornale” e dalla formazione di chi lo fa, che comincia consumando le suole delle scarpe, come insegnava Nino Nutrizio, per stare fra la gente cercando notizie. Quando con la rete tutti sono o si improvvisano giornalisti, tocca a noi della carta stampata fare la differenza, con una riflessione approfondita, perché la ormai necessaria integrazione fra carta e web funzioni. Anzi, sia risolutiva per uscire dal pantano rischioso, usando qualità e innovazione. Sappiamo che il digitale è il solo comparto che registra segni positivi. Bisogna solo sapere come deve essere il giornale di carta da coniugare con il digitale, per farne un tandem appetibile e vincente. 

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